La fondazione originaria della Pieve di Albareto si perde nell’antichità, si sa però che era la chiesa più vicina alla città di Modena nella parte settentrionale e ciò è dimostrato dal nome “Albareto” dato che una porta della città stessa, che poi fu chiamata Porta Castello e quindi, nel 1859, barriera Vittorio Emanuele. Il nome di “Albareto o Alboreto”, che appare su antichi documenti e diplomi di età medioevale, significa “luogo boschivo”, infatti questo è sempre stato un luogo ricco di vegetazione. Il Tiraboschi parla di Albareto come “villa del Distretto di Modena, con chiesa dedicata ai SS. Nazario e Celso, che a titolo di arcipretura, a tre miglia dalla città fuor dalla Porta detta di Castello, la quale anticamente da essa prendeva il nome”. Egli cita inoltre, un Diploma del 1026 di Corrado, re dei Romani, nel quale si nominano tutti i possedimenti della Chiesa di Modena e tra essi la pieve dei SS. Nazario e Celso in Albareto. La chiesa di Albareto, benché avesse il titolo di Pieve, non ebbe nemmeno nei secoli passati molta giurisdizione. Al tempo del Tiraboschi la pieve di Albareto era compresa nella pieve e nella congregazione di Sorbara, pur ritenendo il titolo di arcipretura, ma si ricorda come nei tempi passati fosse stata assai ambita dalle famiglie potenti di Modena.
L’assenza di documenti rende impossibile la datazione della costruzione della chiesa. La prima notizia certa riguarda una riedificazione avvenuta alla fine del XV secolo. Sul fianco destro della chiesa è infatti posta una lapide commemorativa, contenente le seguenti iscrizioni:
1499 – A. DI – 3 DE MAR ZE – MS. IACO – MS. LAFO PIPIO – ZOVANO – FIOILI D – MS. FRACO – CORTEX IO – EXTRVXERVNT
a ricordare che, nel 1499, i fratelli Pipione, Giovanni, Giacomo e Lanfranco, figli dei Conti Cortese, della contessa Tommasa Valentini riedificarono la pieve a loro spese e la dotarono di nuovi fondi. Sotto l’iscrizione commemorativa era posto lo stemma gentilizio della famiglia, che, però venne scalpellato dai francesi nel 1796, con l’intento di cancellare i simboli del vecchio patriziato modenese. La chiesa fu ricostruita in uno stile che imitava il romanico, molto semplice, ad unica navata, con il soffitto a capriate scoperte. Il 29 Novembre 1553 il Can. Jacopo dei conti Cortese ottenne dal vescovo Egidio Foscherari la facoltà di poter fabbricare una cappella nella chiesa vicino alla torre campanaria e ridurre a coltura l’area della chiesa di S. Giorgio posta in Albareto a ormai diroccata. Nel 1761 furono costruite sei cappelle e contemporaneamente l’interno venne restaurato in uno stile barocco, con plafonatura del soffitto. Nel 1810 si rileva, da una perizia del dott. Giovanni Casalgrandi, che la chiesa aveva bisogno di parecchi lavori di risanamento, in modo particolare la facciata e il rifacimento del tetto. Nel 1901 venne modificata la facciata con l’aggiunta di tre torrette, la correzione della porta d’ ingresso e la riduzione del finestrone centrale ad una piccola greca. Naturalmente nel corso dei secoli anche l’interno ha subito varie trasformazioni, sia nel numero e nelle dediche degli altari, che negli arredi liturgici. Durante il XX secolo sono stati diversi i lavori di risanamento e consolidamento resi possibili grazie all’intervento dei parroci, dei parrocchiani, del Comune e della Soprintendenza; di essi ci forniscono testimonianza diversi documenti conservati nell’archivio parrocchiale. Negli ultimi anni sono stati effettuati interventi di conservazione, come il rifacimento della copertura del tetto, ma anche come abbellimento, come il bassorilievo in terracotta della lunetta, posta sul portale nel giubileo del 2000 e le sei vetrate decorate. In tempi molto recenti infiltrazioni di umidità hanno reso necessaria la richiesta di rifacimento della pavimentazione, i cui lavori sono iniziati nel maggio 2007. L’interno della chiesa risente dei restauri del XVIII secolo, che hanno fortemente modificato l’aspetto originario. Attualmente si presenta ad aula unica rettangolare con sei piccole cappelle laterali. |